La musica e le partenze

di Maria Grazia Trivigno

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Le luminarie spente – Foto M.G. Trivigno

Ti svegli il mercoledì mattina e ti sembra di non ricordare esattamente chi sei. Sbuchi in piazza ma il paese non è più lo stesso di poche ore prima, è sparito tutto. Il dubbio e il sospetto vengono spontanei, che nello spazio di poche ore centinaia di omini si siano messi all’opera nel buio, smantellando e dando una ripulita ad ogni cosa. Ma ciò che è più inquietante è chiedersi dove siano finite tutte le persone.  E dove sia finito il sole.
Il senso di malinconia che provi dopo la festa svela forse il tuo animo immaturo di bambino- sei in buona compagnia, mi sento così anch’io. Immaturo perché lo sai bene che dopo la festa il paese torna se stesso più che durante la festa.  Però di costanti ce ne sono, con o senza festa. Due su tutte: la musica e le partenze. Mi piace ripetere con allegria e orgoglio, anche ai miei amici forestieri, rigorosamente


in dialetto, “Koss jè u pays d’ l’ tarantel”. Ed ecco l’ennesima prova, lunedì notte. Tutti ancora un po’ esausti per la faticata di domenica, stavi per avviarti verso casa, sotto le luci ormai spente delle installazioni perché a una certa si chiude, bisognerà pure dormire qualche ora per esser freschi per il martedì, che pure è giorno pieno.

E invece, meravigliosamente, siamo alle solite. Ti attira la musica e il brusio, perché in piazza del Popolo inizia a raccogliersi la folla per uno spettacolo improvvisato. Cambi direzione. Come te tutti gli altri, rapiti dal sortilegio. Ti avvicini perché non ne puoi fare a meno, perché quella musica è magnete. Tutti attorno, in un cerchio pulsante di energia incassato tra i mattoni della piazza e il monumento agli emigranti.  Forse non ci hanno manco pensato troppo, ma a me la scelta di quel posto non pare mica casuale.

La smorfia di dispiacere di quei giganti bianchi con le valigie pronte per partire, che da decenni dominano la piazza, è tutt’uno con la musica che si sprigiona potente ed euforica alle loro spalle.  Non è un contrasto: ciò che è dietro spiega ciò che è avanti, perché chi parte lascia tutto questo. Chi parte si porta dietro tutto questo, l’ho proprio visto, fisicamente. Irrisolto il grande dilemma: se la scelta più coraggiosa sia di chi parte o di chi rimane.

Ti alzi un po’ sulle punte perché la gente inizia ad esser tanta, cerchi di sbirciare i visi dei musicanti tra gli spettatori che iniziano a muoversi, a portare il ritmo con i piedi. Non solo, non tanto perché si ascolta con gli occhi, ma perché è bello osservare quei visi su cui sforzo e piacere sono una cosa sola. Vene turgide sui colli di quelli che seduti per terra si sgolano a cantare. Mani instancabili sprigionano ritmi di sempre.  Iniziano a girare bicchieri di vino. Qualcuno inizia a volteggiare, e si sa come andrà a finire. Era solo questione di appiccare il fuoco alla miccia.

E si va avanti così, fino al mattino.

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3 commenti

  1. é passata solo una settimana ma io sentivo il bisogno di rivivere quei momenti.. quei giorni.. quelle sensazioni. L ho appena fatto .
    Hai descritto così bene il lunedì sera ke quasi quasi sentivo il profumo della folla. Grazie ;)

  2. Cara Maria Grazia,

    mi permetterai di tenere aperte le Tue domande soprattutto quella legata …alla fine del sole!
    Lo faccio richiamando lo sguardo al celebre quadro di Vincent Van Gogh “Cielo stellato sul Rodano, 1888”,
    che cercherò di unire, ed alcuni versi del “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”:

    ” A che tante facelle? / Che fa l’aria infinita, e quel profondo infinito seren? […] ed io che sono?”.

    Tanti AUGURI anche da parte di Francesco (invitalo già per l’anno prossimo)

    mario vespe
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  3. Oramai Maria Grazia costantemente ci delizia di suoi scritti.
    Brava , sicuramente tutti gli accetturesi apporrebbero la propria firma in calce al tuo artcolo.
    Aspetto con ansia il prossimo.
    Vincenzo LABBATE

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