Si terrà oggi 21 settembre alle ore 16 presso la Sala consiliare del Comune di Accettura l’incontro pubblico “Viabilità aree interne: affrontiamo insieme la problematica dell’isolamento”.
La tavola rotonda, che coinvolgerà i sindaci di Accettura, Garaguso e Oliveto Lucano, insieme all’Assessore alle Infrastrutture della Basilicata, Donatella Merra, offrirà un’opportunità preziosa per discutere e affrontare le sfide legate all’isolamento e alla viabilità della montagna materana.
Francesco Labbate, all’età di 80 anni, è ritornato alla casa del Padre.
Vi riproponiamo questo articolo scritto da Angelo Labbate tratto dalla Gazzetta del Mezzogiorno.
La passione non è scemata. All’artigiano è rimasto il gusto «di quando si lavorava a mano»
Articolo pubblicato il 14 ottobre 2010
Con il pensionamento di mastro Franco, classe 1942, ha chiuso i battenti ad Accettura la storica falegnameria Labbate, situata proprio nella centrale piazza del Popolo. «È stato mio nonno Angelo – racconta con orgoglio mastro Franco – ad aprire bottega proprio in questo locale, agli inizi del 1900. Non aveva ancora vent’anni. La madre, rimasta vedova giovanissima, aveva voluto per quel figlio unico un salto di qualità, interrompendo la secolare tradizione della sua famiglia, i Chiariello, maestri barilai di origini lauriote. Così lo mise a bottega dai Miraglia, non solo provetti mastri d’ascia, ma anch’essi profughi da Lauria, dopo che la cittadina nell’agosto del 1806 fu messa a ferro e a fuoco dal generale francese Massena.
Comincia così la storia dei Labbate falegnami; dopo mio nonno, mio padre Giuseppe e i miei zii Berardino e Biagio. Poi sono venuto io a chiudere il cerchio».
Se per la burocrazia l’attività artigianale è cessata, non si è affievolita la passione di mastro Francesco, che ha esercitato per circa 40 anni, lavorando inizialmente di braccia e gomito con seghe e pialle e dotandosi delle novità tecnologiche non appena apparivano sul mercato. Ma gli è rimasto il gusto «di quando si lavorava a mano», come ama ripetere. Quando nelle campagne si cercavano i castagni e i noci più belli per ricavarne infissi esterni e comò per le giovani spose, affidandosi a progetti elaborati dalla fantasia.
Chiuso il laboratorio, mastro Francesco non ha voluto disperdere la manualità e l’immaginazione, sperimentate i tanti anni di lavoro. Prendendo spunto dalle esigenze domestiche delle donne – personalmente vive in un harem di moglie e quattro figlie –, ha ideato e costruito una sedia, che con una semplice operazione manuale si trasforma in scaletta. Non è roba da chiodi, nemmeno lontanamente assimilabile ai prodotti del consumismo, che in poco tempo si usurano e bisogna sostituire. È un manufatto destinato a entrare nell’asse ereditario delle famiglie. Costruita in faggio stagionato e assemblata ad incastri, la sedia-scaletta pesa poco più di 8 chili e l’ultimo gradino è a 80 centimetri dal piano di calpestìo. Comoda come sedia e utile come scaletta, è un prodotto artigianale, realizzato con la maestrìa e il piacere di quando si lavorava a mano e gli oggetti sopravvivevano agli uomini e ne tramandavano il ricordo.
Sabato 12 agosto presso l’Auditorium – già Cinema De Luca – verrà presentato il volume Rocco Bartilucci. Le poesie fatte da un contadino 1930-1936. Il libro curato da don Giuseppe Filardi e pubblicato per i tipi delle Edizioni Transumanti – casa editrice locale – raccoglie le poesie e altri scritti di Rocco Bartilucci, accetturese, contadino-poeta conosciuto come Padre Rocco. Le vicende di questo ragazzo di appena 17 anni, scolarizzato fino alla quinta elementare, sono uno spaccato della società accetturese degli anni Trenta ed esprimono il grande travaglio tra seguire le proprie passioni e assecondare quanto la Storia aveva previsto per lui: essere contadino. Inoltre Rocco è attraversato anche da un forte sentimento religioso e non sempre la sua quotidianità è in armonia con esso. La morte lo colse il 3 agosto 1953 a soli quarant’anni.
Il volume si avvale di un saggio di Donato Loscalzo e uno di Patrizia Del Puente oltre alle presentazioni di Alfonso Vespe, sindaco di Accettura e Carmine Cicala, presidente del Consiglio Regionale della Basilicata.
Un libro commovente in molti tratti e non solo biografici che tutti gli accetturesi meritano di avere in casa.
Si arricchisce di novità la scena culturale accetturese, dopo Bartilucci verrà presentato giovedì 17 agosto, sempre nell’Auditorum, il libro In una vita. Una storia del secolo breve a firma di Vincenzo Dimilta. Presentazione di Donato Loscalzo, Edizioni Transumanti.
Si tratta di una biografia romanzata di Giuliano Dimilta che si sviluppa tra gli anni Trenta e Ottanta del Novecento, attraversando i fatti e le trasformazioni che hanno caratterizzato il secolo: la guerra e il campo di concentramento, l’occupazione delle terre, l’emigrazione e la profondità delle miniere, l’impegno sindacale.
Il titolo non è casuale giacché nella storia, dominata dalle grandi tragedie del secolo, sia in forma collettiva che privata, ci sono momenti tipici della vita di un uomo con elementi di spensierata infanzia – anche se la povertà è sempre dietro l’angolo e la fame non è mai sazia – di amicizia che diventa fratellanza, di amori coltivati e sentimenti mai ostentati, di scelte a volte difficili ma necessarie.
La Storia maiuscola spesso ci tiene fuori, sembra non appartenerci, invece le vicende raccontate dai testimoni a voce, con le lettere, con i diari, ci coinvolgono. Ci rendono partecipi di fatti che hanno generato trasformazioni individuali e collettive e quando riguardano persone di nostra conoscenza sembra di esserne stati parte e permettono di capire meglio quanto accaduto.
La vita di Giuliano diventa una guida per comprendere il secolo breve da un punto di vista sì soggettivo ma che coincide con la Storia ufficiale. Un libro-diario (non nel senso stretto) che ci consente di dire No a quanti, da più parti, vogliono riscrivere la storia di questo secolo.
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